Quando sono nati i detersivi?

Oggi per lavare gli indumenti in lavatrice basta selezionare i capi per colore e tessuto, scegliere il lavaggio desiderato, versare il detersivo – se lo si vuole, anche l’ammorbidente – e poi avviarla. Fino a circa 70 anni fa però non era affatto così.
Un compito che ormai consideriamo quasi banale e poco faticoso all’epoca “costringeva” le lavandaie a recarsi nei lavatoi, munite di grandi ceste e sapone in abbondanza. Questo per due motivi: intanto perché l’acqua corrente non era un bene a disposizione di tutti, poi perché la lavatrice non era ancora stata inventata.
Ma se sappiamo bene quando questa ha iniziato a diffondersi nelle case (in Italia dalla fine degli anni ‘50), forse in pochi sanno quando hanno fatto la loro comparsa sul mercato i detersivi liquidi.
Com’è noto, prima della loro invenzione ci si affidava al sapone “solido” quando si voleva pulire un capo.
Sin dall’antichità le prime civiltà organizzate si sono poste il problema del lavaggio dei tessuti; e questo sia per motivi di igiene sia per evitare di dover gettare un indumento subito dopo averlo usato.
Furono i Babilonesi – intorno al 2800 a.C. – a fabbricare per primi il sapone, grazie all’ebollizione di grassi e cenere.
Spostandoci nell’Africa settentrionale, alcuni studiosi hanno scoperto degli archivi egiziani di medicina del 1500 a.C., che riportano la “ricetta” di una sostanza simile al sapone: per ottenerla si dovevano combinare dei sali con olii animali e vegetali.
Nel 312 a.C. invece i Galli scoprirono la saponificazione. Le loro donne mescolavano grasso animale fuso e cenere di legna e argilla (il risultato però serviva più come shampoo che come detersivo per gli indumenti).
Facendo un grande salto in avanti, precisamente nel Medioevo, ‘fabbricare il sapone’ divenne a tutti gli effetti un mestiere (non per niente i maestri saponificatori conservavano gelosamente i loro segreti di fabbricazione). Trattavano grassi vegetali e animali con cenere di legna, ai quali aggiungevano del profumo. Così cominciò a diffondersi un tipo di sapone simile a quello che conosciamo adesso e già diversi erano gli usi previsti: per radersi, per lavare i capelli, per detergere il corpo e per fare il bucato.
In quei secoli fu la Francia a progredire rapidamente nella produzione di sapone, perché disponeva di grandi quantità di materie prime utili alla causa (grassi e olio di oliva). Proprio per questo nel 1746 il sapone venne registrato dalla farmacopea francese, che propose diversi metodi di fabbricazione. Nell’Ottocento il sapone era ancora considerato un ‘bene di lusso’, perciò veniva pesantemente tassato. Il livello generale di igiene quindi migliorò notevolmente solo quando queste imposte furono eliminate.
Ma è il Novecento il secolo della svolta.
Nel 1903 due chimici tedeschi inventarono un processo per la produzione di sapone secco in polvere. Questo venne messo in commercio nel 1906 e grazie a una robusta campagna pubblicitaria iniziò a soppiantare le tradizionali saponette.
Il suo utilizzo su larga scala però iniziò subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Negli anni ’50 comparvero i primi detergenti in polvere multiuso e i detersivi in polvere per biancheria e lavatrici; nei ‘60 quelli per l’igiene domestica, così come gli ammorbidenti liquidi per tessuti e i detersivi con l’aggiunta di enzimi. Negli anni ’70 entrarono in commercio i detersivi per tessuti delicati e quelli per lucidare, negli ‘80 gli ammorbidenti, i detersivi in polvere compressa in pastiglie e il gel per lavare i piatti.
Il resto è storia recente.
Negli ultimi anni la sfida è diventata quella di migliorare sempre di più le performance dei prodotti, diminuendo nel frattempo il loro impatto ambientale.
Ed è proprio questo uno degli obiettivi di Ro.Se.: offrire detersivi di qualità, realizzati però con tecnologie che sostengono un ciclo produttivo rispettoso dell’ambiente.